L’altare fu eretto da Pompeo e Vito Annicchio, con una dote di trenta alberi d’olivo, per l’onere di una sola messa, ogni sette giorni, per i successori ed eredi. Legataria del beneficio era Lucrezia Annicchio, per testamento rogato dal notaio Orazio Caniglia, nel marzo del 1592. Su questo altare vi era anche il legato del 23 febbraio 1595 di Romano Annicchio. L’atto ammontava a 75 ducati, che egli volle devolvere, nel giorno di Pentecoste, alle orfanelle della città (in più, nella Chiesa di San Giovanni Battista, aiutato dalle congregazioni laiche del Santissimo Rosario e dai fratelli dell’immacolata Concezione, fondò il Monte dei pegni e delle orfanelle). Successivamente, il 4 luglio 1607, mons. Scipione Spina diede l’assenso per un’altra dote, che consisteva in novantasei alberi d’olivo, con l’onere di venti messe ogni sette giorni, assolto da Leonardo Maggio e beneficiato da Don Antonio Nicola Bibba. Il clero squinzanese, inoltre, era tenuto a celebrare cinquanta messe per Romano Annicchio e altre dovevano celebrarsi per la famiglia Manca, così come aveva stabilito mons. Spina. Per questo patto vi fu la dote di 9 ducati l’anno più altri 100, pari al valore di quattro vigneti situati nel feudo di San Donaci.
La tela centrale dell’altare (cm. 219 x 116), realizzata da autore ignoto prima del 1670, rappresenta la scena della Pietà, ai piedi della croce.
La Vergine sofferente è raffigurata al centro della composizione mentre regge tra le ginocchia il corpo esanime del Figlio appena deposto dalla croce, posta alle sue spalle; ai lati, i Santi Francesco d’Assisi e San Antonio da Padova, profondamente addolorati, piangono sugli arti martirizzati di Cristo. In alto, un nugolo di puttini assiste alla scena.
Nella due nicchie, ai lati dell’altare, sono collocate due statue. A sinistra dell’altare è collocata la statua di Santa Rita da Cascia, realizzata con fogli in cartapesta, gessata e dipinta, della misura di cm. 150 x 55 x 59. La santa è rappresentata alla stregua di tanti altri simulacri devozionali presenti nelle chiese salentine: è vestita con l’abito monacale e regge tra le mani il Crocifisso. Sulla fronte sono visibili le gocce di sangue, che fuoriescono dalla ferita provocata dalle spine della Corona di Cristo.
Nella nicchia a destra dell’altare è collocatala statua di Santa Cecilia in legno dipinto, realizzata nei primi anni del novecento. La statua fu commissionata dal sacerdote Don Sandrino Arganese ad un autore ignoto che, in quegli anni, operava in Germania. Il sacerdote squinzanese, malato di cuore e con una voce molto melodiosa, morì di infarto in Chiesa Madre, a causa di una forte estensione della voce mentre cantava durante una celebrazione.
Don Sandrino era un grande appassionato di canto ed aveva fondato nell’ambito parrocchiale il Gruppo “Pueri Cantores”. La statua raffigura la Santa con una veste bianca coperta da una tunica rosa, decorata, in basso, con una fascia di fiori colorati.
Nella mano destra stringe una palma simbolo del martirio mentre la sinistra è posta sul petto. Sulla base della statua è collocato un piccolo organo portativo. Ancora oggi la statua è molto venerata dai gruppi corali cattolici della città.
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